In questo articolo:

A trent’anni dall’assassinio di Rabin, una serata in Comunità ricorda il suo lascito, confrontando memorie, tradizione e speranze di pace condivisa. Di Anna Segre.

Molti di noi ricordano perfettamente dov’erano quella sera del 4 novembre 1995 fa quando hanno sentito la notizia dell’assassinio di Yitzhak Rabin, Primo Ministro d’Israele. Come abbiamo reagito? Cosa abbiamo provato? Cosa proviamo oggi a trent’anni di distanza? I nostri sentimenti sono cambiati?
E ancora: cosa rappresenta Rabin per i giovani che sono nati dopo? Che cosa sanno di lui? Che cosa provano di fronte alle testimonianze e ai filmati di quel 4 novembre 1995?
L’eredità di Rabin è ancora viva? Siamo ancora capaci di sognare la pace?
Stasera – martedì 4 novembre alle 21.00 in Centro sociale, presso la Comunità ebraica in piazzetta Primo Levi 12 – proveremo a mettere a confronto i nostri ricordi di quella sera che ha cambiato le nostre vite e forse ha deviato il corso della storia: italiani e israeliani, giovani e meno giovani, chi era d’accordo con Rabin e chi magari era contrario alla sua politica ma mai avrebbe voluto, e neppure immaginato, che potesse morire per mano di un altro ebreo.
Soprattutto stasera ricorderemo Yitzhak Rabin. Al di là delle analisi storiche e politiche approfondite, al di là delle riflessioni sulle responsabilità del suo assassinio. Non perché questi temi non siano importanti, non perché non sia doveroso approfondirli, non perché non sia lecito avere opinioni diverse e dialogare tra di noi, ma perché trent’anni dopo quel tragico 4 novembre è importante ricordare Rabin tutti insieme, come Comunità, non come singoli, non per gruppi separati e non comunicanti ciascuno con le proprie informazioni e la propria verità. Non è certo una rinuncia alla politica perché la scelta di una serata condivisa in ricordo di Yitzhak Rabin a trent’anni dal suo assassinio anche senza dettagliate analisi politiche è già di per sé un fatto politico.
Anche se abbiamo opinioni diverse, anche se le narrazioni stesse a cui facciamo riferimento sono discordanti, abbiamo pur sempre un linguaggio comune che ci permette di dialogare: la nostra tradizione.
Il 3 di Tishrì, il giorno dopo Rosh Hashanà, si digiuna in ricordo di Ghedalià, governatore ebreo assassinato da un altro ebreo. Ghedalià, discendente della Casa di Davide, era stato nominato governatore del Regno di Giuda quando il primo Tempio di Gerusalemme fu distrutto dai Babilonesi. Egli divenne il simbolo della speranza per gli ebrei, che vedevano in lui la continuazione del loro stato e della loro indipendenza. Con l’uccisione di Ghedalià tutte le speranze si spensero. Molti hanno accostato le due figure, e c’è chi digiunando il 3 di Tishrì ricorda l’assassinio di Rabin, seguendo la tradizione di non moltiplicare i giorni di lutto ma aggiungere a quelli già esistenti il ricordo di nuovi eventi luttuosi più recenti. Con l’aiuto di Rav Finzi analizzeremo dunque le somiglianze e le differenze tra le due figure, confronteremo i due tragici eventi e le conseguenze che hanno determinato per il popolo di Israele.
Sarà benvenuto chi vorrà contribuire con ricordi e riflessioni personali: quando si tratta di condividere il proprio vissuto, i propri timori e le proprie speranze nessuno può dirsi più esperto di qualcun altro.
Grazie a tutti coloro che parteciperanno a questa serata.

Anna Segre

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